di seguito una sintesi di Mauro Bonaiuti sul recente convegno internazionale di Barcellona sulla Decrescita:

Caro amico, cara amica:

nei giorni tra il 26 e il 28 marzo a Barcellona si è tenuta la seconda conferenza internazionale sulla decrescita: ecco quindi un resoconto sull’avvenimento.
Siamo appena tornati da Barcellona carichi di energie, qualche speranza e molte domande… La conferenza indubbiamente è stata un successo. Oltre 500 persone da tutto il mondo, dall’Europa ma anche dagli altri continenti, spazi concessi sulla televisione nazionale, sulla radio e sulla stampa.

La sensazione è che questa conferenza segnerà un passaggio nel storia del movimento. La decrescita esce dalla nicchia, dall’infanzia e si affaccia sul più vasto scenario politico – ma anche scientifico-culturale – in modo ancora esitante, ma forte di alcune incoraggianti qualità: tensione verso un immaginario condiviso, grande vivacità culturale, capacità di tenere insieme
ricerca e attivismo, informazione e testimonianza radicale, Nord e Sud del mondo.

Questo passaggio di scala pone allo stesso tempo nuove domande, o forse, più precisamente, rende alcune vecchie domande non più rinviabili.

Barcellona ha mostrato in modo sempre più evidente come il movimento sia composto da differenti anime per il momento ancora disposte a camminare assieme (quantomeno a livello internazionale) ma della cui diversità è bene essere consapevoli. Cominciamo dagli ultimi arrivati, la cui presenza tuttavia si è sentita fortemente sia Barcellona che, prima ancora, a Londra (nel Gennaio scorso). Si tratta del mondo delle ONG che da tempo lavora sui temi dello sviluppo sostenibile, dell’ambiente, della cooperazione internazionale. Sono organizzazioni in particolare di matrice anglosassone (Nef, Casse, ma anche Anped, Seri…), formate generalmente da professionisti, ma sostenute da un vasto panorama di volontari e da una diffusa credibilità. Hanno agganci nelle istituzioni e negli ambienti governativi europei, nazionali e locali. Per quanto convinte della necessità di un mutamento di rotta è chiaro che queste organizzazioni non sfuggono da un atteggiamento, almeno in parte, strumentale: sentono che la decrescita agita i cuori e mobilita le persone… sono gli unici a disporre di una qualche capacità organizzativa e si stanno attrezzando per costruire attorno a questo movimento progetti e anche, ovviamente, ad ottenere finanziamenti. A questo mondo possiamo affiancare quello delle Università, della ricerca, dell’economia ecologica in particolare, che inizia ad interessarsi di Decrescita e a cui è stata affidata – non a caso – l’apertura della conferenza. La legittimazione che la “discesa in campo” di alcuni degli ambienti più avanzati dell’Accademia porta con sé è sentito con grande speranza, ma, al tempo stesso, desta qualche perplessità tra i militanti. Un ruolo centrale ha giocato in questo processo l’ICTA, fondata a Barcellona da Joan Martinez-Alier (già Presidente dell’International Society of Ecological Economics) un Istituto di Ricerca con rapporti stretti e articolati con il mondo delle Ong.

In generale possiamo dire che questi due mondi condividono una visione della decrescita come necessaria transizione verso un’economia compatibile con i limiti imposti dalla biosfera (molti parlano a questo proposito transizione verso uno “stato stazionario”) senza tuttavia che questo comporti una rimessa in discussione delle istituzioni esistenti (capitaliste). Generalmente
interessati e competenti sui temi dei limiti ecologici alla crescita, e alle volte sulle questioni dell’equità sociale, queste organizzazioni hanno mostrato sin’ora scarso interesse per la critica della società e delle istituzioni esistenti e ancor meno per i temi legati alle rappresentazioni e all’immaginario collettivo.

Speculare a questo mondo abbiam o visto ed ascoltato il vasto panorama degli attivisti… di coloro che spesso già praticano la decrescita nei mille rivoli dell’associazionismo e delle buone pratiche. Questo “popolo della decrescita” era presente a Barcellona sicuramente di più di quanto non fosse a Parigi nel 2008 – grazie anche ai molti legami del comitato organizzatore (Reserch & Degrowth) con le reti sociali catalane, ma non solo (presenti in forza in particolare nei gruppi di lavoro) e nel supporto organizzativo alla conferenza.
Nonostante il pregevole lavoro di mediazione la tensione tra queste due anime si è sentita e si sentirà ancora più forte in futuro. Semplificando un poco mi sembra si possa affermare che questo mondo informale condivide una visione della decrescita in cui la trasformazione è vista come una fuoriuscita dall’immaginario economicista e un’occasione per rimettere radicalmente in discussione le istituzioni esistenti. Si tratta, non a caso, sopratutto di italiani, ma anche di francesi e spagnoli. Nelle prossime settimane capiremo se queste due anime riusciranno a giungere, o meno, ad una Dichiarazione comune (potete seguire gli sviluppi sul sito www.degrowth.eu).

In questa cornice si è posto, in un incontro informale post-conferenza, il tema della (eventuale) costituzione di una rete internazionale della decrescita. L’incontro, partecipato sopratutto da attivisti, ha mostrato come sia forte la consapevolezza, tra i militanti, che la costituzione di una rete internazionale è un processo i cui esiti non possono essere decisi a priori a tavolino, né tanto meno controllati da un unico centro. Nonostante il desiderio di continuare a incontrarsi e scambiare esperienze, documenti e buone pratiche sia forte e condiviso, nessuno dei presenti ha mostrato il desiderio di procedere verso una nuova “Internazionale della Decrescita.” E questo mi sembra un primo passo nella giusta direzione.

Sicuramente significative, (rispetto a Parigi 2008) le presenze dal Sud del mondo (America latina, India). Significativa innanzitutto perché ci ha restituito il senso di una comprensione più intuiva di cosa significhi la decrescita (e di una adesione più entusiasta) di quanto noi stessi siamo capaci. I popoli del Sud (ed in particolare le minoranze indigene) percepiscono la decrescita come un processo di “decolonizzazione culturale,” ma anche di radicale liberazione dalle oppressioni economiche e sociali connesse alla
megamacchina capitalista. Una visione, quindi, che spiazza dall’interno le tradizionali obiezioni (provenienti solitamente dal Nord) sul bisogno che – almeno il Sud – avrebbe ancora dello sviluppo.

Davvero notevole (e qualificata) la partecipazione italiana: circa cinquanta tra amici e amiche in vario modo connesse alla Rete per la Decrescita: tra gli altri: Marco Deriu, Gianni Tamino, Ferruccio Nilia, Paolo Cacciari (il cui libro /Decrescita o Barbarie/ è stato tradotto e presentato a margine della conferenza), numerose anche le realtà locali (come il nodo del Friuli Venezia Giulia o il costituendo Tavolo di Rieti), molti giovani studenti o dottorandi, alcuni anche passati attraverso le precedenti edizioni della Scuola Estiva.
Tutto questo lascia ben sperare per il futuro al punto che – nonostante le tristi notizie che arrivavano in quelle ore sull’esito delle elezioni amministrative – abbiamo avanzato la nostra candidatura ad organizzare la prossima conferenza internazionale in Italia. Se non fosse che non crediamo nelle magnifiche e progressive sorti (neppure per la decrescita) verrebbe da dire, Avanti!

Mauro Bonaiuti