Prosegue l’attività del gruppo Transizione nato all’interno del GAS della valpolicella.

IL 22 settembre si è svolto un interessante incontro con Ellen Bermann di Transition Italia, erano presenti circa settanta persone, Ellen ha esposto con molta lucidità i motivi e il senso profondo che ci inducono a sentirci in transizione.

La transizione è un esperimento sociale che nasce 5 anni fa in Inghilterra da Rob Hopkins che prendendo spunto dalle sue esperienze in permacultura ha iniziato a sperimentare nella cittadina di Totnes delle azioni concrete.

Emblematico della parola transizione è il fatto che non sta ad indicare un obbiettivo ma un percorso dalla situazione odierna a un futuro, quello che magari potrebbe essere desiderabile, con delle tappe di passaggio a situazioni intermedie diverse, come saranno esattamente non lo so.

Quello che mi ha attratto di questo movimento è che non si presenta con un insieme di risposte o soluzioni, ma si pone degli importanti interrogativi su quello che sta succedendo in questi tempi.

In un contesto così complesso le risposte non possono che essere complesse ed elaborate a seconda di dove mi trovo e a seconda delle persone che si trovano in quel luogo, mentre noi siamo abituati a pensare a soluzioni semplici che valgono per tutti i contesti.

Il metodo della transizione è un approccio che mette assieme:

  • la nostra parte cognitiva, cercare di capire quello che sta succedendo
  • la nostra interiorità, bisogna cercare di coinvolgere quello che chiamiamo il nostro cuore, sia per quello che da a noi a livello di emozioni sia per favorire un cambiamento profondo di quella che è la nostra visione del mondo, se non c’è questo cambiamento intimo, profondo, il rischio è che quello che riusciamo a fare nella pratica possa poi essere assorbito dal sistema stesso e reso funzionale ai propri fini, lo vediamo per esempio nella green economy in cui invece di crescere in un modo si cresce in un modo verde, il consumismo non viene messo in discussione
  • la parte pratica, insomma abbiamo bisogno di capire, di cambiare a livello profondo ma poi anche di applicare, abbiamo bisogno di tutti tre questi elementi.

Teniamo presente che il cambiamento è inevitabile, al di la di quello che pensiamo quello che sta succedendo è che stiamo raggiungendo i limiti del pianeta a un ritmo di grande corsa, i cambiamento sono già in atto, noi abbiamo la fortuna di vivere in questo periodo di cambiamento e di poter immaginarci e crearci delle vite che si fondano su nuovi presupposti, questa non è assolutamente una cosa da poco.

Certo che abbiamo davanti una grossa incognita ed è normale che ci siano delle paure o delle rivolte.

Innanzitutto vogliamo sapere quello che sta succedendo?

Come nel film Matrix possiamo scegliere la pillola blu o quella rossa, possiamo decidere se rimanere nel non sapere o sapere e essere consapevoli di quello che sta succedendo che è l’unico modo per poter fare delle scelte responsabili.

Ritorniamo alla parte cognitiva della transizione, quello che dobbiamo sapere, per esempio quello che sta succedendo a livello climatico, i cambiamenti climatici sono in atto e andranno ad avere degli effetti e non solamente sui nostri figli, oramai li stiamo vedendo sempre più tangibili anno dopo anno. Influiranno soprattutto sul nostro sistema agricolo che dipende dal regime meteorico.

Un altro elemento da considerare e a cui noi siamo molto più sensibili, basti pensare all’effetto dell’aumento del prezzo dei carburanti, è la disponibilità energetica, in primis il petrolio.

Questa magica sostanza ci ha permesso anche di avere tutto questo fantastico sviluppo, dalle prime scoperte in cui bastava perforare il suolo e il petrolio sgorgava in abbondanza tutto questo sembrava potesse durare per sempre, peccato che così non è, il geologo Marion King Hubbert già negli anni 50 annunciò per primo il concetto di picco del petrolio http://www.selese.org/wp-content/uploads/2008/08/petrolio.pdf rappresentato da questa curva,

Questo non significa che andremo a breve ad esaurire il petrolio, ma che andremo ad esaurire il petrolio a basso costo.

Certo c’è chi dice che non è vero e che di petrolio ce ne ancora in grande abbondanza, ma se fosse vero allora perché andare perforare per esempio in mezzo al golfo del Messico con tutti i costi supplementari e i maggiori rischi?

Non ha importanza quando sarà la data esatta del raggiungimento del picco, se è già stata come sostiene qualcuno o se sarà fra uno o due anni, il fatto è che oramai sappiamo di esserci e con una domanda che invece è in crescita.

Questo significa che il prezzo del petrolio è destinato a continuare a crescere e questo influisce sulle nostre vite perché noi facciamo tutto con i derivati del petrolio, le sedie dove siamo seduti, le auto che abbiamo usato per venire qui, il cibo perché gran parte del cibo che mangiamo è prodotto trasportato grazie ai derivati del petrolio.

Pensate che spendiamo 10 calorie di energia per ricavare 1 caloria alimentare.

Il nostro stile di vita è in gran parte possibile grazie a questa sostanza. Consumiamo 85 milioni di barili di petrolio al giorno, è stato calcolato che equivale ad avere 22 miliardi di schiavi che lavorano per noi. Per capire pensate ad esempio quanta fatica costa spostare un’automobile a spinta anche solo per poche decine di metri e a una velocità irrisoria e con quale facilità invece possiamo fare con la stessa auto centinaia di chilometri a velocità superiori ai 100 chilometri orari grazie alla benzina.

Poi c’è dell’altro che a livello cognitivo dobbiamo considerare oltre ai cambiamenti climatici e al picco del petrolio?

Per esempio il picco dei metalli, il prezzo del rame sta continuamente salendo da anni e si sente sempre più spesso parlare di furti di rame, i metalli sono tutte materia prime che stanno diventando sempre più rare e di conseguenza costose.

Il degrado del suolo, la perdita di fertilità, il picco dell’acqua dolce, quella che vorrebbero diventare una merce disponibile solo per chi può pagare, avrete sentito che l’acqua dolce sta diventando sempre meno disponibile.

I minerali come ad esempio il fosforo, l’agricoltura intensiva utilizza enormi quantità di fosfati senza i quali produrrebbe molto meno.

Su tanti fronti ci stiamo rendendo conto che queste crisi di disponibilità si stanno oramai manifestando.

Altro tema alquanto ostico e complesso è quello che sta succedendo in questo periodo, in cui tutti gli stati sono costretti a perseguire la crescita economica per poter far fronte ai debiti pubblici che continuano a crescere, in questo momento in cui l’economia non riesce più a crescere per i problemi che abbiamo visto, il sistema finanziario sta collassando.

Ma se badiamo ai media danno il sentore che tutto sia ancora sufficientemente tranquillo, a questo proposito è interessante quello che dice il professore di fisica Albert Bartlett, secondo lui il più grande problema di noi umani è la mancanza di comprensione della funzione esponenziale, in cui da una apparente situazione stabile in cui nulla sembra modificarsi in modo preoccupante ad un certo punto avviene una accelerazione apparentemente imprevedibile e i cambiamenti avvengono sempre più veloci.

Come esempio c’è una storiella carina che parla di batteri, immaginiamo di avere un batterio in questa bottiglia e immaginiamo che esso si riproduca ogni minuto raddoppiando ogni volta, se alle ore 11 c’era un batterio e alle ore 12 la bottiglia è piena a che ora sarà piena a metà?

Un minuto prima delle 12! Secondo voi i batteri nella bottiglia 2 minuti prima delle 12 si renderanno conto che fra 2 minuti avranno dei problemi? No, perchè la situazione sembrerà troppo lontana per essere percepita perchè avranno ancora a disposizione ¾ della bottiglia, avranno avuto 58 minuti di grande disponibilità e non penseranno che la situazione collasserà così velocemente.

Immaginiamo ora che due batteri furbi se ne rendano conto e vadano a cercare altre bottiglie e ne trovano 3, quanto tempo avranno ancora i batteri? Quattro minuti soltanto e tutte e quattro le bottiglie saranno piene.

Questo è l’effetto della funzione esponenziale che sfugge alla nostra percezione.

Però nello stesso modo in cui da una parte sta accelerando l’aspetto negativo dall’altra parte è possibile accelerare un risveglio collettivo ed è qualche cosa che sta accadendo.

Cosa succederà?

Nessuno lo sa esattamente. Ci sono varie supposizioni:

  • quella definita tecno fantasy, in cui la tecnologia darà tutte le soluzioni e potremo continuare a crescere fino alle stelle
  • altro scenario in cui molti sperano sono le tecnologie verdi, in cui non cambiamo assolutamente una virgola del nostro stile di vita ma molto semplicemente sostituiremo al petrolio le energie rinnovabili, la brutta notizia è che che con le energie rinnovabili non è possibile far fronte all’attuale fabbisogno energetico, questo non vuol dire che che le energie rinnovabili non sono valide, anzi ben venga investire in queste.
  • Altro scenario è quello catastrofico con un crollo verticale che penso nessuno di noi si auguri

Ma non esiste un altro scenario che cerca di dare risposte realistiche?

Possiamo immaginare un altro modo di vivere con meno energia ma molto più soddisfacente e completo rispetto a quello che noi stiamo vivendo adesso?

Oggi come oggi siamo chiamati a inventarci un mondo che ora facciamo anche solo fatica a immaginarci. Rob Hopkins, che è una persona che cerca di liberarsi di quell’ingombrante fardello che è il fare il leader, sta cercando di comunicare all’approccio della transizione che il leader siamo tutti noi, è ora di finire di aspettare qualche salvatore che abbia la ricetta miracolosa e che ce la porti proprio ora.

Quindi soprattutto guardarci dentro dentro e cercare in noi queste possibilità.

Il concetto chiave che viene proposto dalla transizione e la resilienza che è la capacità di un sistema di far fronte ai cambiamenti e di riuscire comunque a funzionare.

In una realtà come la vostra valpolicella questo significa per esempio rilocalizzare certe produzioni che sono state dismesse e delocalizzate anche lontano e che quando il prezzo del petrolio salirà non sarà più possibile trasportare per migliaia di chilometri sprecando prezioso carburante.

Migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni e di tutte le costruzioni, l’energia che abbiamo utilizzarla in modo più intelligente e non sprecarla in questo modo dissennato in cui ci siamo abituati data l’abbondanza di questo periodo che abbiamo vissuto.

Reimparare il saper fare manuale, il saper costruire o riparare, sono conoscenze che abbiamo perso e che sono molto importanti in un sistema resiliente; chiediamo i nostri ragazzi a scuola oggi stanno veramente imparando quello che servirà loro in futuro?

Investire nell’economia locale in modo da chiudere più cerchi possibile fra produzione e utilizzo dei prodotti.

Investire nelle relazioni di prossimità, il nostro vicino di casa sarà un domani quello che potrà esserci d’aiuto, noi abbiamo il mito dell’indipendenza ma forse sarebbe meglio imparare e insegnare ai nostri figli ad essere interdipendenti e imparare il valore della cooperazione invece della competizione.

La costruzione di relazioni è la cosa che la transizione sta cercando di promuovere in primis.

Il processo di transizione vuole portare una comunità a riprogettarsi secondo criteri di resilienza basati sulle risorse sostenibili del territorio, proprio per evitare di andare a usurpare risorse di altre comunità o risorse delle generazioni future.

Il massiccio uso delle risorse fossili per esempio vuol dire mettere una grossa ipoteca su quelli che ora non sono ancora nati, pensiamoci.

Come ci arriviamo? Un presupposto è non aspettiamo i politici, chiunque vada al governo farà di tutto per mantenere lo status quo, al massimo quello che possono fare sono azioni che ritardano l’inevitabile.

Noi come singoli è vero che nella nostra frammentazione ci sentiamo impotenti, quello che possiamo fare noi singolarmente come autosufficienza non basterà mai se non lo facciamo nella relazione con la comunità, se non ci coalizziamo.

Il sistema ha tutto l’interesse che noi non ci mettiamo in coalizione fra di noi perchè così restiamo più manipolabili. Fare le cose da soli oltretutto non ci si diverte.

Per cui cercare altre persone con cui parlarne e coalizzarsi nel proprio paese o quartiere, organizzare per esempio i 6 incontri proposti nel manuale della transizione, che è una sorta di autoformazione, perchè uno degli antefatti alla transizione è far crescere la consapevolezza in chi è intorno a noi, organizzare incontri pratici per esempio sul coltivare un orto, sul riparare o costruire oggetti.

Tenete presente che non è importante convincere qualcuno, l’importante è trasmettere informazioni.

Cercare di incontrare altri gruppi che già fanno qualche cosa, per l’ambiente epr esempio o un gruppo della decrescita e vedere assieme quello che si può fare .

Formare dei gruppi di lavoro ma siccome i temi sono tanti e la situazione è complessa e inoltre ci sono le vocazioni personali i gruppi partiranno quando ci sarà un sufficiente numero di persone interessate a quel particolare aspetto evitando in questo modo di disperdere troppo le energie.

Organizzare degli incontri (Open Space Technology) in cui a parte il tema poi l’organizzazione dell’incontro è definito da chi partecipa in modo da favorire che si parli e si discuta di quelle cose che stanno a cuore alle persone presenti e per cui hanno passione. E’ un’esperienza da cui le persone escono veramente energizzate.

Ricordatevi che è molto importante quello che sta succedendo all’interno delle persone, a livello di loro percorso di cambiamento, di quello che in pratica viene attivato, è più importante il percorso che ha portato un gruppo di persone a mettere i pannelli fotovoltaici sul tetto che non l’atto di averli messi, perchè uno può averli messi solo per una convenienza economica.

Abbiamo bisogno di imparare quali sono quelle cose che ci serviranno veramente in futuro.

Collegarsi alle amministrazioni locali, naturalmente dove le persone sanno ancora che faccia ha il sindaco o chi sono gli assessori, dove c’è ancora un rapporto diretto, inutile colpevolizzarsi a vicenda: voi amministratori non fate questo o voi cittadini non partecipate, c’è un mutuo interesse reciproco che dovrebbe avvicinare le parti, ci sono molte amministrazioni che iniziano a comprenderlo.

Comprendere tutto il valore dell’esperienza degli anziani, di chi sa ancora come si faceva a vivere con meno disponibilità energetica. Sono tutte memoria storiche che rischiano di scomparire e che invece sono di grande valore.

 

Lasciare andare dove deve andare.

Questo è un atteggiamento liberatorio perchè noi in realtà seminiamo e non abbiamo nessun tipo di garanzia su quello che sarà il futuro, dipenderà anche da quello che succederà esternamente al nostro territorio e di tutto quel amalgama di persone diverse che partecipano.

Avere l’umiltà di dare fiducia a chi porterà avanti dopo di noi l’iniziativa nel suo modo migliore possibile magari diverso da quello che noi avevamo immaginato.

Liberarsi dalla frenesia del risultato finale, questo da un grande sollievo e ti senti partecipe di una sorta di flusso.

Crearsi una prospettiva di percorso di decrescita energetica ma soprattutto in che modo localmente è possibile ricreare maggiore resilienza.

Coltivare la necessaria transizione interiore, se i cambiamenti esteriori non sono accompagnati da altrettanti cambiamenti interiori sia individualmente che collettivamente la transizione rischia di essere molto fragile, quindi anche capire: io quale visione del futuro voglio comunicare?

Il nostro immaginario è stato spesso condizionato dai classici film di disastro ambientale o al contrario di sviluppo alle stelle, proviamo noi a cambiare il nostro mito, se proviamo a rovesciare questa curva

e dire qua ci hanno raccontato una favola che non è vera, ci hanno detto che in fondo a questa palude c’è un grande tesoro e noi ci abbiamo creduto e ci siamo immersi ma più abbiamo nuotato verso il fondo e più ci è mancata la luce e l’ossigeno, non riusciamo più a respirare, lavoriamo come dei matti e corriamo di qua e di la, non è il caso magari di riemergere?

E magari di scoprire la luce che troveremo in un altro ambito?

Non è andare incontro ad altre rinunce ma dire: è venuto il momento di scoprire cosa vuol dire veramente vivere. E’ chiaro che gli scenari che abbiamo davanti sono formati soprattutto da tante incognite e di primo acchito quando sentiamo parlare per la prima volta per esempio di picco del petrolio ci viene una sorta di angoscia, utilizziamo questi momenti non per farci pippe mentali sul picco ma per far allacciare contatti fra le persone e farle parlare gli uni con gli altri.

Altra cosa è chiederci se non siamo per caso dipendenti dal petrolio come fossimo dei drogati intossicati da questo stile di vita: se non vado a fare acquisti una volta la settimana inizio a sentire uno strano disagio, tutti noi chi più chi meno siamo dipendenti dall’attuale sistema, questo è un percorso in cui mano mano ci si rende conto: ha! Che bello! Di questo non ne ho bisogno! E’ un percorso di disintossicazione.

Quindi nel percorso interiore porsi le domande fondamentali: cosa sta succedendo nel mondo? Perché siamo così lenti nel risvegliarci? Cosa è che ci blocca a livello psicologico? In che modo noi possiamo sostenere la transizione interiore anche all’interno delle nostre iniziative locali?

I cambiamenti che noi desideriamo all’esterno dobbiamo necessariamente accompagnarli con i cambiamenti sia a livello individuale sia collettivo, altrimenti la transizione poi non riuscirà a stare in piedi.

Trovare una riconnessione del nostro ruolo all’interno della vita

spesso e volentieri c’è separazione anche nel nostro interpretarci, la nostra identità finisce dove finisce il nostro corpo fisico e la natura è quello che sta fuori dalla finestra e non ci riguarda, siamo anche sconnessi gli uni con gli altri, a volte delle attività di tipo esperienziale ci fanno capire che non è vero che io finisco qua, io sono molto più esteso, questo aiuta a interpretare in modo diverso la concezione di protezione dell’ambiente, non è vero che è qualche cosa di esterno, io sono dentro, immerso, ne faccio parte.

Nonostante la transizione proponga una visione positiva probabilmente sarà inevitabile che ci saranno dei momenti di passaggio non facili, io invito caldamente di viverli come un processo di trasformazione, la nostra funzione è di accompagnare questo sistema che sta morendo e fare in modo che non ci facciamo troppo male, nel frattempo dobbiamo aiutare la nascita del nuovo, il parto fa male no? Ma è un dolore funzionale alla nascita di una nuova vita.

Provate a vedere questo momento di passaggio che magari vi angoscia come un momento che se saremo capaci di affrontarlo in modo collettivo, assieme, probabilmente riusciremo a dare un senso diverso a quello che sta succedendo. Comprendere i momenti di angoscia che possono esserci e accettarli per quello che sono.

Per cui agire per quello che possiamo fare individualmente ma soprattutto unendolo a quello che posiamo fare collettivamente accompagnandolo sia all’azione esteriore sia alò cambiamento interiore.

C’è una promessa nascosta nella nostra era oscura: è scoprire la saggezza, la nostra forza e la bellezza in mezzo alla crisi.

Noi facciamo parte della terra e la cosa più importante che possiamo fare nei nostri giorni è non annegare nella nostra disperazione ma sentirla come una voce che può darci risveglio, quindi sentire dentro di te il suono della terra che piange che è un grande segnale, un segnale positivo del nostro risveglio.

Raccogliete il frutto del momento, di questo incontro, per approfittare a mettervi in relazione fra di voi della valpolicella.