Ecco un articolo per tarnsizionanti,

dopo la civiltà della competizione a tutti i costi che è stata generatrice di ingiustizie a non finire e di un degrado ambientale mai visto prima sarà in grado l’umanità di costruire una nuova civiltà più democratica, sostenibile e giusta?  ecco un articolo interessante del resoconto di una conferenza di Roberto Mancini, (professore ordinario di filosofia teoretica presso l’Università di Macerata, è autore di numerose pubblicazioni e collabora con varie riviste (tra cui “Servitium” e “Altraeconomia”).

se avete difficoltà di accesso al link in sintesi:
Per Mancini, la crisi che stiamo vivendo in questo momento è anche e soprattutto una crisi di giustizia.  Per la prima volta nella storia, abbiamo basato la nostra società occidentale (ed ora anche mondiale) sulla competizione continua: la competizione tra le aziende, tra le persone, tra i politici, tra gli stati è una regola universalmente riconosciuta alla quale ben pochi si sottraggono.   Ma come può prosperare una società basata su questo presupposto? E come può portare alla felicità dei suoi cittadini?

In una società basata sulla competizione si creano degli squilibri sempre più grandi: tra i ricchi ed i poveri, tra chi ha l’accesso all’istruzione e chi no, in definitiva tra chi vince e chi perde.
Se, ad esempio, si portassero gli stessi criteri all’interno di una famiglia, la famiglia stessa si dissolverebbe in poco tempo (come spesso avviene, d’altronde).
Quindi abbiamo bisogno di rifondare tutto il sistema su una maggiore giustizia .  Non abbiamo bisogno di continuare la crescita del PIL, ma abbiamo bisogno di uno sviluppo della democrazia basata sul rispetto incondizionato della dignità umana  e su una politica che si serva del “metodo” (inteso come “strada”) della giustizia, intesa come strumento che sana gli squilibri attuali.

In Italia abbiamo diversi ostacoli allo sviluppo di questo tipo di democrazia: il realismo (mantenimento del potere basato sui rapporti di forza), il particolarismo (la forte tendenza ad affermare la propria identità in contrapposizione agli altri), mentalità gerarchica (bisogno del capo), il cattolicesimo “infedele” (chi si professa cattolico per poter arrivare al potere, pur avendo valori completamente diversi).

Nonostante queste difficoltà, abbiamo una grande possibilità di cambiamento soprattutto se prendiamo in esame  le “primavere della storia” .  Sono quei momenti della storia come la fine dell’apartheid in Sud Africa e l’indipendenza dell’India con il metodo della non-violenza .
Analizzando quei momenti ci possiamo ritrovare degli elementi comuni che sono assolutamente replicabili in altri momenti e in altri contesti:

  1. Intelligenza della speranza
    Non significa essere ottimisti.  Significa saper vedere oltre l’esistente.  Saper costruire una visione positiva del futuro che ci dia speranza e ci permetta di prenderci la responsabilità in prima persona per la costruzione di una nuova società.
  2. Avere un metodo (una strada da seguire)
    • Imparare a leggere la realtà (meno TV, informarsi, studiare, …)
    • Associarsi, ritrovarsi insieme, condividere idee e progetti
    • Spostarsi, non stare al centro, andare verso i margini, verso i più deboli e costruire risposte di auto-aiuto sociale.  Non aspettare che siano le istituzioni a muoversi ed a risolvere i problemi.  In questo modo il gruppo o la comunità diventano più forti ed hanno la capacità di confrontarsi con le istituzioni senza il rischio di essere manipolati o inglobati.
  3. Persone integre
    Le primavere della storia sono costruite da persone integre e in armonia con se stessi e con gli altri.  Sono persone capaci di stare in silenzio, di avere momenti di meditazione, di ascoltarsi e di ascoltare gli altri.  Non sono persone scisse come spesso accade nella politica attuale.
    In un frase possiamo dire che “la prima azione politica è coltivare se stessi”.