bije2Le Matonele presentano Bije, un progetto che ci vede presenti tra i fondatori.

Si tratta di un’iniziativa che va oltre la moneta alternativa, e che cerca di portare la parità tra soggetti economici attraverso un equo strumento di pagamento. Il progetto si chiama Bije e ha un sito web: www.bije.it

L’associazione sardo-veronese che lo ha promosso vede un paio di matonele tra i soci fondatori.

Bije nasce, come ambizione nell’Agosto 2012, come associazione nel Gennaio 2013, come concetto oltre 10 anni fa. Come abbiamo scritto altrove, l’aspetto più funesto della nostra economia è la crescente ingiustizia che esso produce e di cui si nutre.

 

Nessuna civiltà del passato ha fornito ai suoi membri il benessere di cui molti di noi possono godere, e il cittadino medio di una nazione occidentale ha un tenore di vita materiale paragonabile solo con quello dei più potenti oligarchi dell’antichità.

 

Nonostante questo, ciascuno di noi può raccontare una storia di prevaricazioni, angherie, iniquità, manco fossimo medievali servi della gleba. Tutto questo perché l’ingiustizia è la ragion d’essere del sistema capitalistico, e il benessere materiale è il compenso che riceviamo per aver partecipato e aver permesso a pochissimi di accumulare ricchezze inaudite.

 

Ma ahinoi, il benessere materiale non rende né liberi né felici: siamo diventati schiavi tristi del sistema che alimentiamo, e lo abbiamo fatto a scapito del pianeta, saccheggiato, depredato, inquinato, privato della sua capacità di rigenerarsi, e a scapito di miliardi di schiavi reali e materiali, non solo psicologici come noi.

 

La fregatura è che le relazioni umane, nella dominante società occidentale, si sono trasformate nel tempo da relazioni sociali a relazioni eminentemente economiche, e il modello prevede che ogni attore cerchi di trarre da ogni transazione il massimo profitto. In questi giochi molto competitivi, è normale che una delle due parti tragga notevole vantaggio dalla transazione, mentre l’altra, di conseguenza, ne trarrà notevole svantaggio.

 

I rapporti tra gli attori non sono simmetrici, anzi, a dire il vero sono molto asimmetrici, e lo stanno diventando ogni giorno di più. Questo significa che i turni tra prevaricatore e prevaricato non sono rispettati, e che il prevaricato tende a essere sempre lo stesso.

Vent’anni fa in molti avemmo una visione: la Rete sarebbe divenuta il luogo virtuale degli scambi paritari, eliminando alla radice sia le asimmetrie informative che quelle strutturali. “Non è possibile ambire a ‘magnifiche sorti e progressive’ data una condizione che discrimina la maggior parte della gente,” scriveva Danilo Moi nel lontano 2003, nel suo articolo “Private transactions: Microtransazioni biiettive e net-economy,” in cui pose per la prima volta il problema della biiettività, ovvero la bi-direzionalità dei flussi (in questo caso di denaro) tra le persone.

Ma così non fu: la rete si rivelò ben presto uno scarsissimo strumento di democrazia e un ottimo sistema per il cazzeggio. Anzi, a ben vedere, la rete è il non-luogo in cui si realizza la disparità che genera la fregatura.

 

Oggi la parola ‘equità‘ è scomparsa dalle agende politiche dei partiti, anche di quelli che si considerano di sinistra, ed è stata sostituita dalla parola ‘crescita‘. Il sistema spinge a rapporti di forza sempre più iniqui, e chi parla di equità, parità, giustizia è considerato vecchio e inadeguato.

 

È quindi più trendy parlare di crescita, l’unico strumento per rendere sopportabile la disuguaglianza. È vero: nelle fasi di espansione il ricco cresce molto e il povero cresce poco, ma l’aspettativa del povero di migliorare la propria condizione sopperisce al suo senso di frustrazione per l’ingiustizia percepita.

 

Così, la crescita è lo squallido sotterfugio per nascondere la spazzatura dell’ingiustizia sotto il tappeto del benessere materiale. Oggi è evidente come l’ideologia della crescita sia folle e menzognera. Se c’è equità non c’è bisogno di crescita.

 

L’unico modo per combattere la povertà è favorire l’equità in modo strutturale. Siamo certi che, finché i rapporti tra le persone non saranno paritari, non ci sarà speranza che quest’economia porti a qualcosa di diverso dal baratro.

Bije nasce da quell’idea di Danilo Moi, anch’esso tra i soci fondatori, ed è principalmente un sistema di pagamenti che vuole essere gratuito (per facilitare le micro-transazioni) e bi-direzionale (noi preferiamo il termine biiettivo).

Ieri è uscita la notizia che Facebook ha intenzione di sviluppare a breve, all’interno del suo network, le “microtransazioni biiettive”. Questo fatto ci preoccupa: consideriamo le microtransazioni troppo importanti perchè possano essere monopolizzate, trivializzate, monetizzate da un operatore così influente e discutibile.

Facebook è la distopia divenuta realtà: la promessa di internet come strumento di libertà ed autodeterminazione, di “discorso corale”, si è trasformata nel suo esatto opposto, la negazione dell’individuo, dell’eccellenza, dell’estro in un gigantesco chiacchiericcio.

Le microtransazioni su facebook, saremo banali, seguiranno i paradigmi che sottendono questo chiacchiericcio: l’individuo come numero e target pubblicitario.

Chiediamo perciò il vostro supporto, anche attivo, per la creazione di una piattaforma di pagamenti libera e gratuita che possa opporsi, per quanto possibile, al compimento, secondo schemi ancora più brutali, di questa distopia.

Cosa possiamo fare? Pubblicizzare il sito di Bije e la relativa raccolta fondi, cercare di far avere a questo lancio la massima risonanza, e infine darci qualche suggerimento.